Descrizione del quadro
Una curiosità: sul dipinto è codificata un’informazione in sistema binario che diventa visibile solo dopo l’illuminazione con raggi UV.
olio su tela 140 x 84 cm
"Motore ontologico"
Questo dipinto, nelle sue origini, si è basato sul dualismo ontologico e, grazie a ciò, l’essenza finale è piena e l’equilibrio tra spirito e corpo è stato mantenuto. In questo caso, naturalmente, occorre parafrasare — usando la nomenclatura artistico-pittorica — e dire: equilibrio tra abilità e idea.
Abilità
Così, la prima essenza è riempita da un maestoso biplano con il motore radiale in evidenza.
La composizione si basa sulla griglia della sezione aurea, per cui le proporzioni risultano piacevoli. Ciò che percepiamo intuitivamente come “buone/piacevoli proporzioni” deriva dalla successione di Fibonacci che, una volta formalizzata, perde un po’ della sua intuitività.
La proporzione aurea, descritta dalla suddetta successione, è condizione sine qua non della bellezza e, per questo, è parte integrante di ogni mio dipinto.
Questa è la prima parte — piuttosto ovvia e facile da scorgere.
Le abilità pittoriche sono state qui unificate in forma di un bell’ornamento che emana caratteristiche quali dinamica e forza.
La seconda parte, in accordo con il percorso dualistico assunto nell’ipotesi iniziale, non è più così diretta.
Metaimmagine
La linea principale di divisione può essere posta tra le domande “come?” e “perché?”.
Comincerò rispondendo alla prima.
Sulla superficie del dipinto si trovano quattordicimila ottocentosessantaquattro cifre binarie (0 e 1).
Sono visibili solo se illuminate con luce di lunghezza d’onda da 380 nm a 780 nm.
Questi 0 e 1 costituiscono una forma binaria a otto bit di un file grafico.
Il file grafico mostra uno stereogramma bicolore sul quale è registrato un certo contenuto.
Per ora questo contenuto lo conosco solo io.
Per sottolineare il dualismo, sono stati tracciati gli estremi; così abbiamo,
da un lato il numero di circa sette miliardi di persone capaci di cogliere il primo contenuto — cioè l’aereo — e dall’altro una sola persona capace di cogliere il contenuto nascosto.
Chiamo questo contenuto METAIMMAGINE
7 000 000 000 : 1
In questa semplice forma numerica si può mostrare la nettezza del dualismo implementato in questo dipinto tra immagine e metaimmagine.
È il momento di rispondere alla domanda “perché?”.
La risposta è semplice: per umiltà.
La strada verso la risposta richiede però qualche parola di commento.
Che il sentiero verso l’umiltà sia la comprensione della scala dei propri limiti.
Non si tratta solo di limiti mentali, ma anche strettamente fisici.
La durata della nostra vita non ci consente di comprendere la grandezza dei fenomeni che si svolgono nell’arco di un milione o di un miliardo di anni. Del resto, milione e miliardo sono valori talmente grandi che non percepiamo intuitivamente una grande differenza tra loro.
La vita di Homo sapiens è di circa 80 anni, la durata delle singole civiltà è di circa 1000 anni. La durata dell’intera nostra civiltà è di circa 100 000 anni.
Come dunque comprendere fenomeni che durano miliardi di anni? Come udire le parole dell’universo, quando una sua singola sillaba dura di gran lunga più a lungo dell’intera esistenza della nostra specie?
Un ulteriore limite è l’impossibilità di immaginare uno stato diverso dallo spazio. Siamo talmente invischiati nella tridimensionalità che uno stato di inesistenza della dimensionalità si trova al di là delle nostre possibilità. Costruendo la ragione sul canovaccio di informazioni acquisite nello spazio, non siamo in grado di immaginarne l’assenza. Con il vuoto ancora ce la caviamo, ma la mancanza di spazio è una questione ben più ardua.
Non riusciamo a decifrare un’informazione codificata in modo così banalmente semplice come la METAIMMAGINE in questo quadro. Si tratta di una complessità appena a quattro stadi e, per di più, creata con elementi a noi noti, da una mente identica alla nostra.
Come dunque affrontare informazioni codificate in quadrilioni di operazioni, da elementi che per definizione non siamo in grado di comprendere, e create da qualcosa che non si potrebbe nemmeno chiamare mente?
Anche se l’intero cosmo urlasse, non sentiremmo nulla. La nostra percezione è come uno strato di grafene su parsec di materia.
Quando ci renderemo conto della piccolezza della nostra fisicità e della fragilità della nostra mentalità, sorgerà in noi un sentimento — ed esso sarà l’umiltà.
Armati di umiltà e della consapevolezza del contesto sopra descritto, possiamo sminuire con leggerezza la quotidianità.
Come il ponte in un giardino giapponese non serve a passare, ma a contemplare il cambiamento, così la METAIMMAGINE non serve a decorare, ma a indicare questioni.
Ecco ciò che volevo comunicare creando questo primo quadro artistico.